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PREMIO ETTORE TROILO A SULMONA PDF Stampa E-mail

"Coloro che non conoscono il passato,
sono condannati a ripeterlo”
(George Santayana)

 

È sulle note dell’inno di Mameli che sabato 24 settembre si è aperta la cerimonia di consegna del Premio Ettore Troilo, eroico comandante della Brigata Maiella. Nella grande sala dell’Archivio di Stato di Sulmona, davanti ad un pubblico numeroso come non mai, composto da giovani studenti, ex patrioti della Brigata, semplici cittadini, autorità, si sono succeduti gli interventi degli illustri ospiti (tra cui il sen. Franco Marini), subito presentati dal gen. Suffoletta.
In questa cornice nella quale il sentimento si mischia alla ragione, il passato al futuro, la memoria alla speranza, ha preso la parola il prof. Umberto Dante, presidente della Giuria, sottolineando il valore che la figura di Ettore Troilo riveste ancora per il presente e invitando perciò tutti alla “mobilitazione civica” in questo momento di estrema difficoltà nazionale.

 

Di Ettore Troilo e delle sue gesta ha parlato il presidente della “Associazione ex-combattenti Brigata Maiella di Sulmona”, sig. Giuseppe di Iorio, mettendo in risalto due aspetti. Da un lato, il Troilo “politico”, formatosi sul culto del valore della democrazia e dell’ideale di giustizia sociale; dall’altro lato, il Troilo “pensatore” dalla “straordinaria capacità di vedere al di del contingente”.
L’intervento del prof. Mario Setta si è invece concentrato sulla Brigata Maiella come formazione partigiana, la cui caratteristica è stata quella di non essere una formazione politica e ideologicamente schierata, quanto piuttosto “l’espressione di un autentico sentimento di riscossa contro la barbarie nazi-fascista”.
È stata così la volta del sen. Franco Marini, abruzzese e già presidente del Senato nella scorsa legislatura, il quale ha definito l’esperienza partigiana “secondo Risorgimento”, la cui peculiarità va ricercata sia nella mobilitazione dei ceti popolari, laddove il “primo Risorgimento” aveva visto come protagonisti gli intellettuali e i borghesi, sia nel sentimento anti-monarchico e repubblicano di chiara ispirazione mazziniana. Proprio per questo, ha concluso il sen. Marini, la Brigata Maiella è da considerarsi la formazione partigiana che più di tutte ha incarnato questi ideali che stanno alla base dell'Italia.
Di qui l’intervento più atteso della mattinata da parte di Nicola Troilo, figlio del comandante Troilo autore del volume Storia della Brigata Maiella (edito da Mursia), a cui è andato il Premio. Nicola aveva solo 14 anni quando nel dicembre del 1943 a Casoli, un piccolo paese alle pendici della Maiella, si formò il primo nucleo partigiano di quella che sarebbe diventata la Brigata Maiella. Dal quel momento l'adolescente Troilo seguirà tutti gli spostamenti di quegli uomini che, all'ordine del padre e insieme all'esercito alleato, risalirono lo stivale da sud a nord, liberando, tra l'altro, città come Recanati, patria di Leopardi, entrando a Bologna il 20 aprile del 1945 e concludendo l'epopea ad Asiago, nel Veneto. Nel suo emozionato intervento Nicola Troilo ha voluto soffermarsi sulla “doppia anima” della Brigata, legata alla provenienza dei suoi componenti (oltre 1200) rispettivamente dalla parte “orientale” e “occidentale” della Maiella, cioè dalla Val di Sangro e dalla Valle Peligna. Se infatti Casoli è stato il suo luogo di nascita, fu però solo a Sulmona che la Brigata venne riconosciuta come tale. Casoli e Sulmona sono dunque i due luoghi d'origine della Brigata Maiella. Il Premio è stato consegnato a Nicola dal ten. Gilberto Malvestuto (classe 1921), fedelissimo compagno di lotta di Ettore Troilo oltre che suo carissimo amico, il quale nel suo discorso conclusivo ha voluto rivolgersi soprattutto ai giovani, affermando che le gesta della Brigata Maiella sono ancora custodi di energie a cui l'Italia d'oggi deve attingere per ridare vita ad una nuova stagione democratica e civile.
In fondo questo è stato il motivo conduttore di tutta la giornata. Non una cerimonia rivolta al ricordo di fatti e uomini del passato, ma uno sguardo rivolto verso coloro che con la loro azione e con la loro vita (come il giovane Oscar Fuà morto a Recanati a soli 17 anni e ricordato da un commosso Malvestuto) possono ancora indicare la giusta direzione per il futuro.
Silvio Cappelli

 


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