Brigata Maiella logo

Associazione Nazionale "Brigata Maiella"

MEDAGLIA D'ORO AL Valor Militare

Sezione SULMONA - VALLE PELIGNA

Sede Nazionale: via Viaggi,4 Chieti  -  Sito autonomamente gestito dalla Sez. di Sulmona-Valle Peligna


DOMENICO (GIAN DOMENICO) ROSATONE Stampa E-mail

“FRANGAR, NON FLECTAR” andrò in pezzi, ma non mi piegherò

 

 

Domenico Rosatone di Salvatore e di Giovannucci Luisa, è nato a Prezza il 28 ottobre 19091.

Domenico aggiungerà nella giovinezza Gian, come nome di battaglia e successivamente pseudonimo nell’attività di scrittore e giornalista, in onore e a ricordo di suo zio Giovanni, giovane intrepido e volitivo, dotto in teologia e appassionato della musica che morì in America, al quale la madre lo assomigliava.

Domenico, pur sveglio e intelligente non ebbe la possibilità di andare oltre la scuola elementare e fu costretto a studiare in ogni modo, occasione e luogo come autodidatta dandosi una vasta e profonda cultura; egli, vivace, esuberante e poco incline ai compromessi, manifestò da giovane età le sue idee libertarie.

Dal circolo fascista “Presidium” di Prezza, costituito nel 1926, Rosatone venne definito “elemento turbolente”, dopo che, inizialmente, gli era stata consentita la frequenza pur senza essere iscritto al Partito Fascista; ma l’incompatibilità tra le idee di Gian Domenico e quelle allora dominanti fu assoluta al punto che nel 1928 avvenne il primo scontro fisico tra lui  e i suoi fidati amici e gli altri legati all’ideologia fascista, tanto che intervennero i carabinieri diffidandolo e vietandogli di svolgere alcuna attività politica e sociale.

Gian Domenico non si spaventò e, consapevole delle difficoltà che in futuro avrebbe avuto, si dedicò allo studio e all’attività manuale coltivando i terreni del padre; ma lo spirito ribelle, in lui connaturato, venne ancor più corroborato e rafforzato: egli era nato per la libertà di pensiero e di espressione, e, quindi, lo sbocco naturale fu quello di cospirare contro coloro che avevano soppresso quei valori.    

 

Il 19 ottobre 1929, dopo aver fatto suonare le campane della chiesa per richiamare i cittadini prezzani a raccogliersi in piazza, Rosatone arringò la folla per affermare i “principi di libertà, di giustizia, di eguaglianza, di indipendenza e di umanità”. Seguì una vera e propria sommossa repressa dalle autorità sottomesse al fascismo, con ottanta arresti e altrettanti procedimenti penali a carico di cittadini di Prezza e di Campo di Fano. Rosatone e quattro suoi fedelissimi, verso i quali erano stati spiccati mandati di cattura, si rifugiarono in alta montagna e qui si nascosero per diverso tempo.

I reati contestati a Gian Domenico e ai suoi giovani fidati furono l’offesa, l’oltraggio, la minaccia e la violenza alle autorità e ai pubblici ufficiali. Dopo regolare processo i reati vennero amnistiati ma fu disposta la iscrizione al casellario giudiziale del solo Rosatone.

Rosatone, però, non demorse dai suoi principi e dalle sue idee e proseguì a tessere la tela contro il regime. Nella primavera del 1930 organizzò un primo gruppo formato da contadini di Prezza e da operai di Popoli. Ad essi fece conoscere i principi mazziniani che ormai si erano impossessati della sua mente.

 

 

Rosatone proseguì nella sua tenace opposizione alle autorità fasciste, subendo minacce, diffide e arresti a ripetizione fino a quando, a novembre del 1930, fu chiamato alle armi ma non nel corpo degli avieri, come lui avrebbe preferito, perché ritenuto antifascista.

Finita la ferma militare tornò a Prezza racchiudendosi nel lavoro manuale e nei suoi studi e riflessioni politiche e sociali lontano dal paese, immerso nei boschi; solo gli amici più vicini potevano incontralo e parlargli.

 

Le persecuzioni, però, proseguirono e divennero più pesanti e intollerabili, anche se Rosatone non si tirò mai indietro quando bisognava opporsi ai fascisti, anche fisicamente con baruffe e risse, tanto da diventare sorvegliato speciale in paese e fuori; egli era costretto a passare gran parte delle giornate chiuso in casa con la sola possibilità di andare in montagna. In quella lunga solitudine Rosatone si applicava ancora più intensamente e profondamente allo studio degli autori preferiti quali Virgilio, Parini, Socrate, Cicerone, Seneca, Dante e Petrarca.

 

Passò lunghi periodi a Roma, nascosto in rifugi improvvisati e in case di prezzani suoi conoscenti, lavorando, quando trovava il lavoro; per sopravvivere svolse anche l’attività di falegname.

Le sofferenze terribili e la solitudine lo fiaccarono e gli fecero balenare l’idea del suicidio; ma egli, che aveva un carattere forte, reagì e si iscrisse ad una scuola privata per sostenere gli esami di abilitazione magistrale. I suoi studi da autodidatta sulla politica, sulla morale e sulla filosofia proseguirono con maggiore impegno e passione; intanto l’indole di rivoluzionario mazziniano, che credeva profondamente nella democrazia e nella libertà, si rafforzava sempre di più diventando più profonda e consapevole.

Ogni tanto tornava nelle montagne di Prezza, dove viveva nascosto ma non da solitario perché era sempre in contatto con gli amici che avevano in lui il loro punto di riferimento.

Nel carnevale del 1936 ideò, insieme ad alcuni giovani seguaci, un progetto che avrebbe dovuto avere un grande impatto politico nella Provincia e nell’Abruzzo: l’esplosione di una potente bomba in occasione di una riunione di gerarchi fascisti a Prezza. La scarsa esperienza in materia di esplodenti fece fallire il piano e accrebbe la già alta sorveglianza che le autorità fasciste avevano verso di lui.

Tra un fatto e l’altro di opposizione e cospirazione al fascismo, cavalcando tutte le manifestazioni di dissenso e opposizione al regime e alle sue autorità locali, tra una diffida e un processo, tra un’amnistia e l’altra, si arrivò  al periodo della seconda guerra mondiale.

 Poco prima, a maggio del 1940, Rosatone fu proposto per il confino a seguito dell’attività antifascista; egli riuscì a nascondersi a Roma presso la casa di un amico di famiglia.

Scoppiata la guerra Rosatone venne richiamato con sua soddisfazione, perché avrebbe posto fine alla latitanza che comportava stenti e sofferenze. Venne inviato a Bari e poi sul fronte greco-albanese. In aprile 1941 fu rimpatriato per una malattia contratta a causa di servizio; congedato a giugno 1941, fu riconosciuto invalido di guerra e gli fu assegnata la pensione privilegiata.

 

Ritornato tra le montagne di Prezza e con la convinzione che un triste periodo per l’Italia stesse per arrivare a seguito della sconfitta militare che si rilevava ormai prossima, Gian Domenico si dedicò ad  organizzare, come stava accadendo in altre parti dell’Italia centro-settentrionale,  un movimento di azione che potesse ricollegarsi al motto risorgimentale di “Pensiero e Azione” da lui tanto studiato e approfondito nei lunghi periodi di solitudine.

Nel 1942 tornò a Roma e a maggio del 1943 l’Ufficio Assistenza dell’Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di Guerra, dove prestava servizio, lo mandò all’Ufficio Stampa dell’Ente Nazionale Metano in Roma dove lavorò fino all’8 settembre venendo  licenziato per non aver voluto seguire l’Ufficio a Nord con la Repubblica Sociale di Salò.

Intanto, presso gli ambienti universitari della capitale, che frequentava abusivamente, esponeva le sue idee e i suoi propositi.

Già prima dell’8 settembre, aveva fondato a Roma la “Giovine Italia” che “con tutto il suo programma democratico e repubblicano sulla strada del liberalismo rivoluzionario contemporaneo” avrebbe dovuto risolvere il problema istituzionale e la questione sociale.

Fu fermato dal Commissariato di Pubblica Sicurezza di Porta Pia a Roma per “attività sovversiva” e denunciato per cospirazione e organizzazione del Movimento Patriottico “Giovine Italia”. Fuggito dal Commissariato, si recò in montagna e iniziò l’attività di partigiano, svolgendo, inizialmente, la sua azione nella Romagna raggiunta attraverso le Marche e la Toscana; nella provincia di Forlì, a seguito di un rastrellamento disposto dai tedeschi per catturare elementi pericolosissimi, italiani e stranieri, venne arrestato. Condotto nella caserma dei carabinieri di Cesena fu prontamente rilasciato perché riconosciuto invalido di guerra.

Nei suoi spostamenti avventurosi e clandestini, il Rosatone fu intercettato più volte dalle forze di polizia ma egli riuscì sempre a sfuggire all’arresto; anche nel tragitto del ritorno nella Valle Peligna  Gian Domenico subì ricerche e persecuzioni e fu costretto sempre a nascondersi e viaggiare di notte.

Raggiunta Prezza prese immediatamente contatto con i partigiani marsicani, della Valle Subequana, della conca Peligna e della Valle del Sagittario.

Le azioni dei partigiani furono però fragili e non incisero in alcun modo verso la potente strutture militare tedesca, perché non organizzate a sufficienza; inoltre i partigiani erano sprovvistidi armi e munizioni e  la paura per le ritorsioni contro le famiglie, le donne e i bambini limitarono anche gli atti degli uomini più coraggiosi e spregiudicati.

L’azione di resistenza e opposizione, però, proseguì con forme diverse e cioè attraverso la propaganda, le comunicazioni sullo stato della guerra, convincendo i giovani a non rispondere alla chiamata alle armi e non facendo partecipare i lavoratori alle continue chiamate dell’esercito tedesco che aveva bisogno di manovalanza per le sue postazioni militari.

 

La liberazione della Valle Peligna avvenne a metà del mese di Giugno quando un nugolo di giovani, con tenuta militare approssimativa, guidati da un soldato australiano a cavallo si presentò a Sulmona proveniente da Campo di Giove: erano gli uomini della Brigata Maiella mandati in ricognizione e avanscoperta dagli alleati a seguito dello sfaldamento della linea Gustav.

Prezza fu liberata il 9 giugno e Rosatone, che era il comandante del Gruppo d’Azione “G. Garibaldi”, divenne il  Commissario straordinario del Comune per cinque giorni perché il sesto giorno, dopo aver arringato in un pubblico comizio i cittadini, ravvisò l’opportunità di affidare l’amministrazione comunale all’avvocato Nestore Alesi, perché egli aveva ancora il dovere di proseguire la lotta contro i tedeschi in ritirata.

Lo sbocco fu naturale: il 20 settembre 1944, Gian Domenico e tanti altri giovani della zona si associarono alla gloriosa Brigata Maiella che, dopo la liberazione dell’Alto Sangro-Aventino,  aveva deciso di proseguire le sue azioni militari insieme agli alleati per la  liberazione dell’Italia intera.

Rosatone svolse appieno i compiti che gli venivano affidati durante le azioni militari. Il Comandante Ettore Troilo riponeva in lui grande fiducia e, apprezzandolo per le sue capacità intellettive e per la cultura, lo nominò, dietro segnalazione del Comando del 2° Gruppo Polacco in Italia, con il Nulla Osta del Comando dell’8a Armata Inglese, addetto al Servizio Stampa e Propaganda della Brigata Maiella, con il grado di Sottotenente.

 

Il 31 Luglio 1945, dopo la liberazione dell’Italia, la Brigata Maiella fu sciolta e i suoi uomini tornarono nelle loro città.

 

 

Gian Domenico Rosatone ebbe importanti riconoscimenti per la sua attività politica ed organizzativa (“per effetto dell’attività svolta nel campo politico … e per aver organizzato e comandato Gruppi d’Azione della Giovine Italia - Secondo Risorgimento Italiano - ”) e fu riconosciuto  “Partigiano Combattente” per il periodo 8 settembre 1943 – 15 giugno 1944 dalla competente Commissione Regionale Abruzzese. Ottenne due Croci al merito di guerra. 

 

Nel periodo in cui svolse l’attività di partigiano fu  in continuo e diretto contatto con tre Ufficiali alleati, anglo-americani, prigionieri.

 

Dal giugno 1945 al giugno 1946 – dopo “l’encomio” ufficiale fatto dal Comando della Ia Brigata Fucilieri Carpati alla Brigata Maiella il 21.12.1944, il Rosatone a contatto col Ten. Col. Zimnal e col Cap. I. Vozniak, addetto al servizio stampa del HQ 2 Polish Corpo, continuò a sviluppare le relazioni culturali italo-polacche col precipuo intento di sostenere il Movimento “Polonia Libera”.

Gli stretti rapporti avuti in guerra con i polacchi e mantenuti anche dopo gli consentirono di studiare a fondo la storia della Polonia, raccontata in diverse importanti opere, che dimostravano, per la ricchezza dei contenuti, ancora una volta le sue grandi capacità di ricerca, analisi e riflessioni. 

 

Memorabile fu la commemorazione del tenente d’aviazione Ettore De Corti[2] da lui tenuta a Campo di Giove il 30 marzo 1947, data alle stampe nel 1948.

Ancora per diversi anni dopo la guerra, Gian Domenico proseguì con passione nei propri scritti storici e filosofici, nelle riflessioni sulle cose del mondo, nelle profonde argomentazioni sulla vita, la libertà, il progresso dei popoli e sulla democrazia, scrivendo saggi profondi e densi di significati e tenendo conferenze, di cui una negli Stati Uniti.

 

 

Nel 1965 con i tipi di A.G.Minerva, Roma diede alle stampe il libro MAIELLA EROICA, in cui raccontava le gesta della celebrata formazione partigiana e militare. Nello stesso libro Rosatone si sofferma sul “Nostro Volontarismo” spiegando con proprietà e completezza il “significato della nostra partecipazione di Combattenti della Guerra di Liberazione” ed esaltando il concetto di libertà, azione e rispetto per i valori civili e religiosi che il cittadino e la Nazione intera devono avere.

 

Nella vita di tutti i giorni il Rosatone svolse anche l’opera di giornalista e di politico iscrivendosi al partito Repubblicano di Ugo La Malfa e Giovanni Spadolini.

 

 

L’impegno politico lo portò ad assumere la carica di Sindaco di Prezza il 1° luglio 1951 e a candidarsi nel 1968 alla Camera dei Deputati nella lista del Partito Repubblicano Italiano.

 

Per capire appieno il personaggio, non è superfluo richiamare il contenuto del giuramento da lui prestato in Prefettura il 4 luglio 1951, scritto a mano su carta intestata dell’Associazione “Giovine Italia. Secondo Risorgimento Italiano – Comitato Centrale Roma”, che lui rese carta intestata del Comune disegnando al centro del foglio una torre merlata con la sottostante scritta Comune di Prezza e con l’altra scritta laterale “La nostra fede il nostro motto: Legge e Forza”: “Assumo con consapevolezza e responsabilità la carica di capo dell’Amministrazione comunale e quella di Ufficiale del Governo per gli atti che mi competono secondo le leggi del nostro Stato. La grande fiducia che il Paese mi ha dato – attraverso la mera espressione del voto popolare con il vittorioso risultato conseguito, malgrado …- sarà da me rispettata, servita ed onorata, con tutte le mie forze per la vita e per la morte.

Non presento qui il programma della nuova amministrazione perché gli uomini educati, forgiati dalla formula pensiero e azione, nei limiti del possibile diranno: è meglio i fatti e non le chiacchiere. Certo è che il nostro simbolo è sostenuto decisamente dal nostro spirito di servizio, di abnegazione, di potenza e di decisione”.

 

Da Sindaco di Prezza Rosatone non ebbe vita tranquilla, sempre a causa dei suoi comportamenti libertari e della forte opposizione. Difatti, egli con Decreto Prefettizio n. 1434 – Divisione Gabinetto del 23 aprile 1952, fu sospeso dalla carica “in seguito all’ordine di cattura emesso in data 21 aprile 1952 dal procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Sulmona… per alcuni incidenti verificatesi tra gli operai del cantiere di rimboschimento… In data 29 aprile 1952, per direttissima, il Tribunale di Sulmona celebrava il processo… Il Collegio giudicante… condannò il Rosatone ad un anno di interdizione dai pubblici uffici”[3].

                                                                                                                             

Gian Domenico proseguì la sua attività di ricerca e studio producendo numerosi saggi storici riguardanti i rapporti tra i popoli e le nazioni.

In particolare emergono, per l’acutezza, i saggi “Fraternità Italo-Americana” e “L’Europa in moto”. Quest’ultimo studio critico, contenente analisi e riflessioni profonde sull’unità politica e istituzionale dei popoli europei, scaturite anche dagli stretti rapporti avuti con i Polacchi durante la guerra e dopo, sono rintracciabili nelle motivazioni e nei principi  che hanno portato all’Unione Europea.

 

Domenico Rosatone morì il 5 dicembre 1982. Egli volle che sulla sua tomba fosse scritta l’espressione mazziniana “DIO E L’UMANITÀ” richiamata spesso nei suoi scritti insieme all’altra significativa rivelazione, racchiudente il principio dell’autodecisione dei popoli,  “lasciate liberi i popoli e i popoli saranno fratelli in tutte le parti della terra”.

  V. PIZZOFERRATO- Gennaio 2016.

 

 


[1]Gran parte delle notizie sono state attinte dall’opuscolo a stampa Panfilo Pasquale GIAN DOMENICO ROSATONE - Cenni biografici (parte prima), Pubblicazione a cura degli amici.

 

[2]Medaglia d’oro alla memoria con la seguente motivazione: “Scelta l’8 settembre 1943 senza esitazioni la via del dovere e dell’onore, lasciava nel Friuli i genitori e si dirigeva al Sud per congiungersi alle forze regolari italiane per combattere l’odiato tedesco. Raggiunto l’Abruzzo si univa ad una banda partigiana. Mentre questa veniva sorpresa da forze tedesche, approfittando di momentaneo disorientamento del nemico, apriva il fuoco, e abbattendo un tedesco, provocò lo scompiglio degli altri e consentiva con il gesto disperato, la salvezza dei compagni.

Abbattuto a sua volta da raffica di mitra che gli aveva reciso una gamba, tentò di sottrarre alla cattura documenti che aveva con sé. La virilità del suo contegno non sminuì, quando, sopraggiunti rinforzi tedeschi, gli venne sparato un colpo di pistola alla testa nell’intento, non riuscito, di finirlo. Solo quando, dopo qualche tempo, un secondo colpo gli fece saltare le cervella Egli tacque. Ma la luminosità del suo esempio parlerà sempre agli italiani, indicando loro la via dell’onore e del dovere:

˂˂Preferì la morte, anziché mendicando una vita più lunga, guadagnare una vita peggiore della morte˃˃.

Majella, Vado di Coccia (q.1650), 18 ottobre 1943.”

[3]Archivio Comune di Prezza.

 


Powered by Joomla!.