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Taranta Peligna, il libro di Nicola Troilo "Storia della Brigata Maiella" PDF Stampa E-mail

Una delegazione dell' Associazione Nazionale ex Combattenti del Gruppo Patrioti della Maiella Sezione di “Sulmona e Valle Peligna” con il suo V.Presidente Antonio D’Annunzio, ha partecipato a Torricella Peligna alla presentazione del libro “Storia della Brigata Maiella” dell’Avv. Nicola Troilo.
Viva commozione ha prodotto nei presenti la lettura del messaggio inviato dal nostro concittadino Patriota Gilberto Malvestuto già tenente della Brigata Maiella.
Gli interventi degli storici Enzo Fimiani, Costantino Felice e del Senatore Franco Marini hanno illustrato il grande contributo che l’Avv. Ettore Troilo, leggendario comandante della eroica “Brigata Maiella”, ha dato alla lotta di liberazione dell’Italia dal Nazifascismo prima e successivamente per la ricostruzione politica, morale e fisica del’Italia Repubblicana.
Vale la pena di ricordare che la figura di Ettore Troilo è stata recentemente inserita a 10° posto nel Pantheon dei 150 padri della patria, tra i migliori servitori dello Stato.
Uomini e donne che nel corso della nostra storia unitaria hanno dedicato la vita al servizio del Paese.

 

Ettore Troilo uomo della Resistenza, come Giuseppe Garibaldi uomo del Risorgimento.


Il Presidente
Giuseppe Di Iorio

 


La Resistenza d’Abruzzo

Un argine contro i revisionismi da storiografia giornalistica, un punto fermo contro gli attacchi al Risorgimento e alla Resistenza che in questi ultimi anni si sono intensificati decretando sconfitte culturali e politiche. Costantino Felice non “le manda a dire” ed è preciso e puntuale nell’analizzare in pubblico l’edizione Mursia 2011 della «Storia della Brigata Majella», che Nicola Troilo scrisse ventiquattrenne nel 1954, tenne nel cassetto per un decennio e infine pubblicò nel 1967 con una prefazione di Ferruccio Parri. «E’ una cronaca», spiega Felice «scritta con stile secco e tacitiano, ma anche un’opera storiografica che ristabilisce alcune verità fondamentali». E’ anche un’opera autobiografica, quasi una saga familiare sviluppatasi intorno alla figura paterna di Ettore Troilo, avvocato di buona famiglia borghese abruzzese, nato a Torricella e formatosi professionalmente e politicamente a Milano, vicino a Filippo Turati, e poi a Roma, dove fu nella segreteria politica di Matteotti. Fu “naturalmente” antifascista, e lo rimase per tutto il ventennio mantenendo «saldezza morale e politica», ha detto lo storico Enzo Fimiani in un intervento tutto incentrato sulla sua figura «così che per lui la scelta resistenziale fu univoca e decisa, tra epopea e tragedia». L’epopea fu quella del biennio resistenziale, l’aver intuito di poter formare un gruppo armato di “irregolari” che fiancheggiasse gli alleati fin oltre la Linea Gotica, senza confondersi con l’esercito regio badogliano. Gruppo Patrioti della Majella, apartitico ma non apolitico. Sicuramente repubblicano. Troilo aveva gli anticorpi alla dittatura, e fu un educatore alla democrazia e alla tolleranza. Le sue idealità di socialista riformista non lo abbandonarono mai, né durante la guerra partigiana né dopo, quando mantenne l’incarico di prefetto di Milano in un periodo di turbolenza (era il 1947), riuscendo a reggere “l’ordine democratico” ed evitando una tragedia civile. Ettore Troilo ha seminato anche per l’oggi. Nel dopoguerra, dopo la parentesi milanese, rinunciò a seggi parlamentari e ad incarichi internazionali prestigiosi - e remunerativi. Una distanza abissale con l’attuale “casta” che vede nella Costituzione un ostacolo alle proprie azioni. Troilo pagò per il clima da “guerra fredda” che si instaurò nel 1947, ha detto Franco Marini, secondo cui questo personaggio è stato uno dei pochi grandi politici abruzzesi affacciatisi sulla ribalta nazionale. Ma rimane la sua opera politica, che fu la Brigata Majella, «la Banda delle Bande», ha ripetuto Felice, «la formazione militare che tenne insieme svariati gruppetti di patrioti generosi e spontanei, stufi dei soprusi tedeschi e delle violenze che terrorizzavano paesi e contrade dell’Aventino e del Sangro». Nicola Troilo ha ripetuto i nomi di coloro che furono i diretti collaboratori di suo padre: Vittorio Travaglini per la logistica (aiutante maggiore) e Domenico Troilo, di Gessopalena, quale vice-comandante sul campo. Fra le tante ricerche auspicabili, ci sarebbe da mettere in luce i rapporti tra questi uomini, vari e diversi, per estrazione sociale e culturale. Le “audaci imprese” furono tantissime. Lo stesso Marini ha ricordato l’incontro di qualche anno fa a Bologna con un militare polacco convinto di essere stato il primo col suo reparto a entrare a Bologna appena liberata dai tedeschi, mentre invece erano stati preceduti dai “majellini” intrufolatisi tra i loro carrarmati. Le tragedie personali furono numerose. Valga per tutti il nome di un giovane magistrato aquilano, Mario Tradardi, nativo di Foligno, che si arruolò con gli abruzzesi e morì falciato da una raffica tedesca su Monte Mauro. Lasciò cinque figli. Sono gli esempi di un’Italia migliore che oggi sembra scomparsa, ma che invece riaffiora per uno di quei «capricci della storia», si legge nell’introduzione al libro da parte di Francesco Castracane «che fu tipico dei patrioti della Majella, anche quelli più semplici e più lontani dai problemi della politica, per cui ci si rese conto che quella lotta fu in sostanza una lotta fra la civiltà e la barbarie, e che essi combatterono per la causa della civiltà». Sono quasi le stesse parole del presidente Giorgio Napolitano, rivolte a Nicola Troilo, e lette in pubblico dal sindaco di Torricella Tiziano Teti, che ha aggiunto anche il messaggio di Romano Prodi, bolognese d’elezione, e conoscitore delle vicende della “Majella”. L’autore ha concluso dicendo che nel libro non ha parlato mai di se stesso, lui che fu presente in tutta la vicenda bellica di quel periodo insieme al padre. «I fatti successi me li ricordo tutti, anche quelli riguardanti ragazzi come me», ha detto «ma ho parlato degli uomini che vissero quelle vicende perché i loro nomi restino nel ricordo di tutti». Ma non è detto che il figlio non abbia nel cassetto un altro libro, magari scritto con il fratello Carlo, che sia il ritratto di un giovane patriota affacciatosi alla vita adulta nei frangenti di una guerra partigiana che non ha fatto sconti a nessuno.

- Gino Melchiorre

(fonte "il Centro")

 

 

 


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